lunedì 29 maggio 2017

Recensione: A Gathering of Shadows di V.E. Schwab

Titolo: A Gathering of Shadows
Autore: V.E. Schwab
Casa editrice: Titan Books
Numero di pagine: 512
Formato: Digitale
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An absorbing fantasy adventure set in a world where magic can be a gift or a weapon. It's been four months since Lila Bard, thief from another world, talked her way onto a ship called the Night Spire and sailed away from Red London with an enigmatic captain named Alucard Emery, in search of adventure. She's been absorbed in learning as much as she can about the magic that s everywhere in this new world. Meanwhile, Kell is struggling to deal with the aftermath of the battle in which he and Lila saved the world, in particular, the magical bargain he made to save his adoptive brother Rhy s life, the bargain that links their lives and means they share each other's pain literally. Along with the rest of Red London, Rhy and Kell are getting ready for the upcoming magical tournament called the Essen Tasch. But there are deceptions lurking beneath the glittering surface of this festive event, and there are old enemies waiting for their chance to strike. This sequel to Schwab's A Darker Shade of Magic (2015) expands the world beyond Red London and deepens the appealingly unconventional people that populate it. These rich, lifelike characters draw the reader in and make this well-realized fantasy impossible to put down. Fans of A Darker Shade of Magic will love its sequel, and fantasy fans who haven't yet read the first book in this series should hurry to catch up. --Kirk


!!! SPOILER SUL PRIMO VOLUME !!!

Buon lunedì cari lettori del Labirinto, buon inizio settimana! Oggi cerco di allietarmi la giornata con la recensione del secondo volume di una trilogia che mi sta dando parecchie soddisfazioni. Innanzitutto perchè è bella, in secondo luogo perchè è da un po' che non leggo nulla in inglese e sono finalmente tornata in pista, yeah;)

"Her body was warm from wine and pleasant company, and as the ship swayed gently beneath her feet, the sea air wrapping around her shoulders, and the waves murmuring their song, that lullaby she'd wanted for so long, Lila realized she was happy.
A voice hissed in her ear.
Leave.
Lila recognized that voice, not from the sea, but from the streets of Grey London - it belonged to her, to the girl's she'd been for so many years. Desperate, distrustful of anything that wasn't hers, and hers alone.
Leave, it urged. But Lila didn't want to.
And that scared her more than anything."


Questo è il libro di Lila. Se in ADSOM (qui la recensione) il suo POV si alternava in maniera equa con quello di Kell, qui Lila si ingigantisce e sembra schiacciare tutti gli altri personaggi - che pure sono aumentati. Non tanto per una preponderanza di pagine (Kell ne ha all'incirca lo stesso numero), ma perchè il personaggio di Lila si evolve, si sviluppa (pur rimanendo sempre fedele a sè stessa) e diventa magnetico. Il lettore vuole lei, solo lei, e Lila sfodera tutto il suo fascino. Il seme piantato nel primo libro sboccia e Lila mostra tutto il suo potenziale di personaggio: è sfrontata, irriverente, pericolosa e pronta a tutto. Come dice sempre, non c'è nessun'altro come lei e qui davvero lo dimostra. Se già l'avevo apprezzata in ADSOM, qui l'ho proprio amata profondamente.

" << We're all here for a reason, Bard. Some reasons are just bigger than others. So I guess I'm not scared of who you are, or even what you are. I'm scared of why you are. >> "


Il fatto che Lila giganteggi non vuol dire che Kell scompaia o non sia importante, anzi. Se Lila rimane fondamentalmente sè stessa, è lui a essere messo maggiormente alla prova. Perchè sono diversi, profondamente, e se lei reagisce alle sfide della sorte con audacia, Kell sembra portare sulle spalle il peso del mondo.
Ciò che è avvenuto nel primo libro lo ha cambiato, lo ha provato. Innanzitutto, ha incrinato irreparabilmente - o così sembra - i rapporti fra lui e i suoi genitori putativi, il re e la regina. Tutti i loro discorsi sul fatto di non avere un solo figlio ma due si sono rivelati per quello che erano: bugie. Davanti a una colpa condivisa, entrambi scelgono di perdonare - e amare - Rhy, il figlio naturale, rovesciando su Kell il loro sdegno e il loro biasimo. L'unico che continua ad amarlo - e in maniera quasi commovente - è proprio Rhy, di cui cominciamo ad avere qualche punto di vista e che conosciamo oltre la facciata di principe gaudente. Conosciamo così un giovane uomo fragile, quasi spezzato da ciò che gli ha fatto Astrid Dane; un giovane schiacciato dal senso di colpa, non solo perchè sa di aver sbagliato e messo a repentaglio le vite di tutti, ma anche perchè vede come su Kell pesi il biasimo di tutti. Kell, che ha sacrificato tutto per amore del fratello e per riscattarsi dalla sua colpa.
Il Kell del secondo libro è più tormentato, più ombroso. Il suo ruolo a corte è sempre più pesante, sempre più insostenibile. Sente una corrente oscura agitarsi dentro di lui, un'inquietudine che non trova sfogo e ha origine con gli avvenimenti di 4 mesi prima. Per fortuna Rhy ha avuto un'idea brillante, anche se decisamente pericolosa: far partecipare di nascosto Kell agli Essen Tasch, i Giochi Elementali.



Come nel caso del primo libro, anche qui abbiamo una prima metà più lenta. La Schwab prepara con tutta calma la sua scacchiera prima di cominciare a far precipitare gli eventi. Perchè è questo che succede. All'improvviso, il lettore non riesce a staccarsi dalle pagine e le mazzate arrivano una dopo l'altra. Qui, in particolare, preparatevi a un mostruoso cliffhanger (per fortuna che il terzo è già uscito ihih). 
La Schwab si diverte a mescolare continuamente le carte e spesso i miei piani sono franati davanti a un'inaspettata svolta degli eventi. Questo è valso soprattutto per l'affascinante Capitano Alucard, uno dei nuovi personaggi introdotti nella narrazione. Bello, brillante e misterioso, tiene il lettore sempre sulle corde, fino a una svolta completamente inaspettata. Ho idea che ci riserverà ulteriori sorprese e lo spero, perchè mi piace davvero tanto, anche se Kell non lo tratta proprio benissimo (e per questo spero di avere debita soddisfazione nel prossimo libro). Ma i personaggi che più ho odiato, sono stati il re e la regina, i "genitori" di Kell. Il modo in cui lo usano, in cui non esitano a sacrificarlo nonostante anni di incrollabile lealtà è disgustoso e sarei davvero delusa se non ci fosse una sorta di resa dei conti nel volume conclusivo.
Il secondo libro mi è piaciuto molto, più del primo. Mi sono affezionata ai personaggi e mi sono immedesimata in loro. Spero in un terzo libro scoppiettante, una degna conclusione per una trilogia che mi sta piacendo molto.

Virginia



giovedì 25 maggio 2017

Recensione: L'armata dei sonnambuli di Wu Ming

Titolo: L'armata dei sonnambuli
Autore: Wu Ming
Casa editrice: Einaudi
Numero di pagine: 808
Formato: Cartaceo
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1794. Parigi ha solo notti senza luna. Marat, Robespierre e Saint-Just sono morti, ma c'è chi giura di averli visti all'ospedale di Bicêtre. Un uomo in maschera si aggira sui tetti: è l'Ammazzaincredibili, eroe dei quartieri popolari, difensore della plebe rivoluzionaria, ieri temuta e oggi umiliata, schiacciata da un nuovo potere. Dicono che sia un italiano. Orde di uomini bizzarri riempiono le strade, scritte enigmatiche compaiono sui muri e una forza invisibile condiziona i destini, in città e nei remoti boschi dell'Alvernia. Qualcuno la chiama "fluido", qualcun altro Volontà. Guarda, figliolo: un giorno tutta questa controrivoluzione sarà tua. Ma è meglio cominciare dall'inizio. Anzi: dal giorno in cui Luigi Capeto incontrò Madama Ghigliottina.

L'estate scorsa ho scoperto i Wu Ming (noti all'esordio come Luther Blisset) grazie al romanzo Q (qui la recensione). E anche se poi non ve ne ho più parlato, in realtà ho letto anche Manituana, che mi ha delusa. Certa però che i Wu Ming avessero molto altro da dirmi, ho deciso di lasciarmi tentare dalle offerte dell'Einaudi di qualche mese fa e mi sono portata a casa L'armata dei sonnambuli, al quale facevo la corte da tempo.
Dunque passiamo dall'Europa delle guerre religiose e della riforma luterana (Q), all'incontro/scontro tra due culture, quella dell'America coloniale e delle potenze europee (Manituana) al Terrore della Rivoluzione Francese, alla decapitazione del re, alla primo segno di crollo di una società monarchica e schiavista.
Ma è davvero così?
Se c'è una cosa che ho capito leggendo questi libri dei Wu Ming è che con magistrale bravura (amo il loro modo di scrivere) ci mostrano come certe dinamiche siano sempre le stesse. I nomi possono cambiare, così come le intenzioni dichiarate, ma oltre tutti i sotterfugi c'è sempre la brama di potere. Potere che è tale solo nel momento in cui il mondo è diviso tra schiavi e padroni. Questo è l'ordine naturale delle cose, la situazione accettata da tutti e considerata come irremovibile e voluta da Dio. Questo finchè nel 1789 in Francia non abbiamo una Rivoluzione che segnerà la storia dell'umanità. Una Rivoluzione partita dal basso, dal popolo, e raccolta da esponenti politici quali Robespierre, Marat e via dicendo.
I Wu Ming, però, tralasciano questo pezzo e portano il lettore nel momento culminante del processo: il momento in cui re Luigi incontra Madama Ghigliottina e la sua regale testa ruzzola in terra, sancendo così di fatto la fine di un'era.


Nel contesto storico più noto a tutti, i Wu Ming incastonano le vicende di personaggi dall'appartenenza più ambigua, meno netta (un po' reali, un po' romanzati): Marie Noziere, sartina del foborgo di Sant'Antonio; Orphee D'Amblanc, un dottore che aderisce alla filosofia mesmerista; Lèo Modonnet, attore bolognese naturalizzato francese; e Laplace, il misterioso inquilino del manicomio di Bicetre che sa più di quel che dice e che tesse una tela terribile, pronto a scattare sulla sua preda nel momento in cui essa meno se lo aspetta.
La vicenda narrata è quella dei poveracci, di chi cerca il proprio posto in un mondo che è del tutto allo sbando (ma quando mai non lo è stato?), di chi è sconfitto. Perchè lo sono, tutti loro. Così come lo è il popolo francese nel suo slancio rivoluzionario, nel suo sogno di uguaglianza. Sconfitta dai suoi stessi creatori, la Rivoluzione si trasforma presto in Terrore e perfino Madama Ghigliottina, attrice principale su questo palcoscenico d'eccezione, da portatrice di giustizia diventa solo una belva sanguinaria.
Lo stile è impeccabile. Se in Q venivano utilizzati numerosissimi scarti temporali, costringendo il lettore a concentrarsi il più possibile per seguire bene la vicenda, qua abbiamo l'uso di molteplici registi, fino ai dialetti italiani usati per rendere le realtà più provinciali (e comunque, ogni volta che Lèo parlava in bolognese io mi sentivo un po' a casa*-*). La scrittura è scorrevole, i paragrafi brevi e il ritmo rapido. Ancora una volta, constatiamo con meraviglia che a una mole imponente e a un contenuto importante non si affianca sempre una prosa pesante. Ripeto, amo lo stile dei Wu Ming.
Quella che però mi colpisce sempre è la dimensione ideologica dei loro romanzi. I Wu Ming non ci presentano una realtà edulcorata. Scelgono sempre momenti cruciali per la storia dell'umanità e ci narrano vicende umane che si intrecciano alla Storia, ma ciò che davvero attira l'attenzione del lettore è vedere - lo ripeto - come le dinamiche siano sempre le stesse. Il nostro è un mondo in cui per sopravvivere ci si divora l'un l'altro. E a nulla valgono i tentativi di portare un po' di luce, perchè ognuno di noi pensa al proprio interesse e nessuno vuole scendere a compromessi. E così cade anche il sogno della Rivoluzione, della Repubblica, del popolo sovrano: il potere di tutti che è, ancora una volta, il potere di pochi. Il potente che schiaccia il debole, in un circolo eterno che vede di volta in volta cambiare le figure al potere e le ideologie che propugnano.
E neanche il popolo, a mio parere, ci fa una bella figura. Il popolo visto come massa, preso nella sua interezza. Perfino Marie, che è "una di loro" capisce che, se lasciata senza freni, la massa popolare diventerebbe ingestibile, irrefrenabile. Quindi necessitiamo di leggi. Ma come impedire che le leggi diventino la scusa dietro alla quale nascondere un sopruso? Chi decide le leggi, storicamente, decide dello Stato.
Non voglio dilungarmi. Perchè è un argomento che sento molto vicino - e angosciante - e che mi confonde. Perchè non è di questo che voglio parlare sul mio blog, non ho competenze ne risposte da darvi, solo domande, che mi riempiono il cervello e incrinano la mia  serenità.
Leggere un libro dei Wu Ming mi fa sempre questo effetto. Sento le meningi che girano e un po' di sconforto che sale. Nonostante questo, sono felicissima di averli scoperti e conto di leggere altro di loro in futuro, nella speranza che possa piacermi altrettanto
E, per concludere con una botta di gioia, condivido qui il video di una delle canzoni del musical I miserabili, basato sul meraviglioso romanzo di Hugo che ci parla proprio di rivoluzione e sogni infranti.
*Me va nell'angolino a piangere.


Virginia

lunedì 22 maggio 2017

CineRecensione#6: Chiamatemi Anna (I stagione)

Anno: 2017
Episodi: 7
Produttore: Netflix

Un'orfana coraggiosa e con grandi passioni arriva nell'improbabile famiglia di una dura zitella e del suo mite fratello celibe. Tratta dalla serie di popolari romanzi.

Questa rubrica latita da un sacco di tempo. Non perchè io abbia smesso di vedere film (anzi), ma perchè di molti non ho nessun interesse a scrivere una recensione. Non mi hanno stimolato riflessioni particolari e dunque ho deciso di non portarle da voi.
Il fatto poi che io sia precipitata nel tunnel di Netflix e delle serie tv, poi, non ha aiutato. Ho deciso quindi di dare nuova linfa a questa rubrica, portandovi le recensioni anche delle serie tv che vedo, stagione per stagione. In questo caso, vi parlo di una delle più recenti uscite dello stesso Netflix, la serie che prende avvio dal celebre romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery. Prima di lanciarmi nella recensione della serie, vorrei segnalarvi che la casa editrice Flowere-ed (che io apprezzo molto per la sua interessante e originale saggistica) ha recentemente portato in Italia l'autobiografia della Montgomery (qui il link ad Amazon). Non l'ho letta ma magari qualcuno di voi potrebbe essere interessato:)
Meno nota, invece, è l'iniziativa di un'altra CE (Il Gatto e la Luna), che da qualche anno a questa parte ha portato finalmente in Italia la serie completa dedicata ad Anna dai capelli rossi. Io me la sono accaparrata subito, felicissima di quest'opportunità (la serie è introvabile o quasi nella sua interezza qui in Italia).
Detto questo, eccovi la mia recensione.

Ho letto Anna dai capelli rossi molti anni fa, quand'ero poco più che una bambina, ma non ha mai occupato nel mio cuore il posto di altri romanzi (Piccole donne, per fare un esempio). Non ho neanche mai visto l'anime e non ero particolarmente interessata, finchè Netflix non ha rilasciato una sua propria rilettura del romanzo e il trailer era talmente accattivante che mi sono buttata sul primo, lunghissimo episodio.
Complice il fatto che la prima stagione consta di soli sette episodi, nel giro di qualche giorno l'ho conclusa e sono qui, in trepidante attesa di notizie sulla seconda. Perchè, ve lo dico fin da subito, mi è piaciuta moltissimo, e per svariati motivi.
Innanzitutto, da un punto di vista tecnico: i paesaggi sono bellissimi, le inquadrature pure. A ripensarci ora, ho l'impressione di un tripudio di luci e di colori brillanti: il verde, l'azzurro, il bianco.
Ho trovato perfetti i personaggi principali come caratterizzazione: Anna, Marilla, Matthew. Ma in generale, mi sono innamorata di Green Gables e dei suoi abitanti, proprio come Anna; mi sono innamorata dei personaggi secondari (Rachel*-*), mi sono innamorata dell'atmosfera da paesino vecchio stile, dove covano liti e dispute, certo, ma dove tutti - o quasi - sono disposti a darsi una mano l'un l'altro.
A parte questi aspetti, però, ho amato proprio l'impostazione data alla serie e il suo messaggio. Si perchè Chiamatemi Anna è un inno bellissimo alla diversità, all'essere sè stessi, alla bellezza di non essere tutti uguali. Ho amato i molteplici riferimenti a Jane Eyre, personaggio che ha chiaramente ispirato la versione cinematografica (se non quella romanzesca) di questa intrepida, dolcissima, logorroica Anna, che mi ha intenerita con il suo desiderio di una famiglia, con il suo combattere contro la cattiveria del mondo (terribili gli episodi sui primi giorni a scuola, una fotografia impietosa del bullismo e delle sue conseguente - molto più efficace, a mio parere, del tanto chiacchierato Tredici, che pure ha del bullismo il suo tema fondante), con la sua fantasia sfrenata e contagiosa.
I personaggi di questa serie, però, si fanno notare e amare soprattutto per le loro imperfezioni. La stessa Anna non è esente da un bel po' di piccoli, fastidiosi difetti che la rendono solo più reale. In quest'ottica, però, il personaggio che davvero mi è entrato nel cuore è Marilla. Dura, pratica, di poche parole. Fin dall'inizio si oppone ad Anna per temperamento e circostanze (è lei, più del fratello Matthew, a rifiutare l'adozione di una bambina). Le due si scontrano spesso e con violenza, ma a mio parere ciò non fa che rimarcare le loro somiglianze. Perchè sono entrambe sincere, schiette, forti e dannatamente ostinate e orgogliose. Il povero Matthew, timidissimo, si trova schiacciato fra queste due volontà forti che prima si scontrano e poi si incontrano.
Fra i personaggi secondari, vorrei nominare di nuovo Rachel. La pettegola vicina di casa, sicuramente un po' impicciona, che all'inizio veste i panni del personaggio negativo ma che invece si rivela essere una signora di buon cuore e pronta a prodigarsi per i suoi amici, ma non esente, anche lei, da difetti.
Poi ci sono Jerry e Gilbert che, ho idea, ci daranno in futuro materia per un triangolo amoroso coi fiocchi (qui sono già un po' meno contentaxD). E poi Diana, ovviamente, la prima e migliore amica di Anna, che la accetta così com'è e torna da lei nonostante tutto.
Come accennavo, i temi trattati sono molteplici e per nulla leggeri, nonostante una sensazione di gioiosa leggerezza che fa da sfondo a tutta la serie.
Il primo è quello della condizione degli orfani, visti come un peso e accolti spesso e volentieri solo in qualità di manodopera gratuita. Anna ha 13 anni ma ha già lavorato e visto e sentito cose che, nonostante tutto, non hanno intaccato la sua incontenibile gioia di vivere. Inoltre, gli orfani erano spessi visti con occhio critico perchè considerati a priori pericolosi e viziosi: non si sa chi siano stati i genitori, se gente perbene o delinquenti; in più, la povertà e la necessità sono come una malattia, agli occhi delle irreprensibili signore di Avonlea, una malattia contagiosa e disgustosa.
Un altro dei temi è l'opposizione maschi/femmine o, più in generale, il ruolo della donna. Siamo in anni in cui si dibatte di ciò che una donna può o non può fare, abbiamo le prime aperture, ma la consuetudine è uno zoccolo duro che persiste e rimane lì. Anna proclama con decisione di poter fare esattamente quello che fa un maschio ed è consapevole della propria vivace intelligenza e la stessa Marilla, che è tutto meno che rivoluzionaria, la sostiene con forza nel suo desiderio di studiare.
Ma a scuola Anna incontra un ostacolo non da poco. La sua diversità, i suoi paroloni importanti, i suoi sogni a occhi aperti, la sua educazione bizzarra e non convenzionale, il suo modo di vestire. Ogni cosa la destina a diventare un'emarginata, una vittima presa di mira. Ho trovato davvero difficile vedere quegli episodi e sono solo felice che le cose, a un certo punto, trovino un loro corso. Ripeto, ho trovato più efficace Chiamatemi Anna che non Tredici.
Questi i temi chiave che percorrono tutta la stagione. Ce ne sono altri, certo, ma credo che questi siano un po' la struttura ossea dei primi episodi. Questi e l'affinità con Jane Eyre. Credo che sappiate tutti dell'importanza che ha avuto - e ha - per me questo romanzo. Anna è come Jane. Non solo la conosciamo con una citazione del libro, ma i titoli stessi dei singoli episodi sono tratti dal romanzo. Ma a prescindere da questi aspetti, per così dire, di contorno, è proprio Anna ad essere una nuova Jane. Entrambe orfane, entrambe segnate da una vivace intelligenza ma da un aspetto insignificante; entrambe ostinate e orgoglioso e con una notevole forza di volontà; entrambe hanno conosciuto l'abbandono e il disprezzo del mondo ed entrambe hanno resistito, senza permettere che la bruttezza di altre persone rovinasse il loro animo.
Aspetto con ansia la seconda stagione, sperando che mantenga i connotati della prima, magari espandendo certi aspetti o focalizzandosi su altre tematiche ancora, ma senza dimenticare quella spensierata leggerezza, quella luminosità che è caratteristica delle avventure della nostra Anna.



Virginia


lunedì 15 maggio 2017

Recensione: A Darker Shade of Magic di V.E. Schwab

Titolo: A Darker Shade of Magic
Autore: V.E. Schwab
Casa editrice: Titan Books
Numero di pagine: 401
Formato: Digitale
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Most people only know one London; but what if there were several? Kell is one of the last Travelers—magicians with a rare ability to travel between parallel Londons. There’s Grey London, dirty and crowded and without magic, home to the mad king George III. There’s Red London, where life and magic are revered. Then, White London, ruled by whoever has murdered their way to the throne. But once upon a time, there was Black London...

Buon lunedì a tutti cari lettori:)

Io sono finalmente riuscita a dare l'esame di Storia Romana, quindi torno a leggere, a recensire e a vivere dialogare con voi.
Da un po' di tempo sentivo il desiderio di ricominciare a leggere in inglese con un po' di costanza e la mia scelta è ricaduta su una trilogia molto nota anche qui da noi. Grazie ai moltissimi commenti positivi degli altri intrepidi lettori nostrani che si lanciano in avanscoperta per riportarci le migliori chicche straniere mi sono lasciata incantare da questa storia di mondi paralleli, magia e tradimenti.

"It was believed that the power there not only ran strong in the blood, but pulsed like a second soul through everything. And at some point, it grew too strong and overthrew its host."

Il primo personaggio che incontriamo è Kell. Capiamo fin da subito che è una persona assolutamente fuori dal comune: ha un cappotto che, rivoltato, presenta innumerevoli facce; riesce a viaggiare fra i mondi, facendo da tramite fra i vari sovrani; è un Antari
C'è un buco nel suo passato, un mistero da svelare che in questo primo romanzo non trova scioglimento ma che, ne sono sicura, sarà alla base dei due prossimi libri.
Uno degli aspetti fondamentali del libro è la coesistenza di diversi mondi. La loro particolarità è che in ogni dimensione c'è una Londra, ognuna delle quale con proprie caratteristiche, addirittura una propria essenza, che Kell riesce ad avvertire e a distinguere e che lo porta a dare a ognuna di loro una propria classificazione: c'è la Londra Grigia, praticamente priva di magia e probabilmente la più vicina alla nostra (anche se siamo in un passato non fissato cronologicamente); c'è la Londra Rossa, dove è nato lo stesso Kell, potente e piena di magia; c'è la Londra Bianca, che sa di sangue e cenere, un mondo prosciugato, in rovina, dove gli abitanti sono pericolosi e famelici; e infine c'è la Londra Nera, ma questa è solo una favola dell'orrore che ci si racconta a lume di candela, una realtà talmente lontana del tempo che ormai quasi tutti l'hanno dimenticata.
Ma non tutti e Kell è un Antari: la magia gli appartiene, gli scorre nelle vene, lo ha marchiato (ha un occhio completamente nero e uno blu). Soprattutto, è uno degli ultimi e rarissimi maghi capaci di viaggiare fra i mondi. Oltre a lui c'è solo il pericoloso Holland, che proviene dalla Londra Bianca.

"Why? he though, suddenly angry at himself- Why did he always do this? Step out of safety and into shadow, into risk, into danger?"

Kell è un personaggio inquieto. All'apparenza ha tutto: è un principe, il re e la regina lo hanno adottato quando aveva 5 anni e Rhy, il futuro re, lo considera un fratello. Ha ricchezza, prestigio, potere. Eppure, nonostante ciò, c'è qualcosa che lo spinge continuamente a sfidare i limiti e le regole, anche se in maniera completamente innocua. Ma le regole ci sono per un motivo e Kell se ne renderà conto nel peggiore dei modi: mettendo in pericolo sè stesso e tutti ciò che ama. Sua è la responsabilità e sarà lui a dover rimediare al danno compiuto.
Ma ogni cosa ha un prezzo, soprattutto quando è coinvolta la magia.

" << (...) The first thing about magic that you have to understand, Lila, is that it is not inanimate. It is alive. Alive in a different way than you or I, but still very much alive. >> "

La magia non è docile e obbediente. La magia ha una sua volontà, è pericolosa. La magia divora.
Come sta succedendo nella Londra Bianca.
Com'è già successo nella Londra Nera.
Perfino un Antari deve stare molto attento, perchè rischia di perdere l'equilibrio, e l'equilibrio è la base nel controllo della magia.
Fortunatamente ad affiancare Kell c'è Lila Bard, che di magia non sa assolutamente nulla ma che in compenso è irriverente, con i piedi per terra e anche piuttosto pericolosa.

"The world was hers.
The worlds were hers.
And she was going to take them all."

A farli incontrare è un caso, ad unirli la necessità: Lila ormai sa troppo e non ha nessuna intenzione di farsi mettere da parte; un vincolo li lega, si sono salvati vicendevolmente la vita. E, nonostante tutto, se non ci fosse stata Lila Kell chissà dove sarebbe.
Lila mi è piaciuta molto. Ha un obiettivo e farebbe di tutto per raggiungerlo. Non ha pietà (o rispetto) per nessuno, è abituata a lottare per vivere e non si fa scoraggiare da nulla. Kell, con il suo talento per cacciarsi in situazioni pericolose e la faccia tosta che ha è il suo perfetto compagno. Si beccano, si aiutano, si prendono in giro; alla fine, forse, si vogliono quasi bene.
I veri personaggi che bucano la pagina, però, sono quelli negativi.
Innanzitutto Holland, che ho amato moltissimo e per cui mi sarebbe piaciuta una maggiore attenzione. Anzi, vorrei tantissimo leggere un libro spin-off con lui come protagonista*-*
E poi, ovviamente, i terribili Athos e Astrid Dane, i monarchi della Londra Bianca. In generale, tutta la Londra Bianca è il perfetto palcoscenico di un film dell'orrore e credo che avremo futuri sviluppi.
Il romanzo è autoconclusivo, ma lascia il desiderio nel lettore di continuare con la lettura (ovviamente ho già comprato il seguito, ihih).
Sono stata felice non solo di riprendere a leggere in inglese ma soprattutto di ricominciare con questo romanzo. Una storia oscura come piace a me, dove la magia è un'entità terribile e potente e ogni personaggio nasconde un segreto. Avventura, colpi di scena e tradimenti. Se ancora non l'avete letto, dategli una possibilità!

Virginia





giovedì 11 maggio 2017

Recensione: Ogni notte vengo da te di Antonietta Mirra

Titolo: Ogni notte vengo da te
Autore: Antonietta Mirra
Casa editrice: Selfpublishing
Numero di pagine: 320
Formato: Digitale

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Alastair è un uomo il cui corpo è ormai diventato come il vento, che vaga nei secoli, alla ricerca dannata di colei che ama e che una maledizione lo ha costretto a perdere, ancora prima di averla avuta davvero.
Helena è una ragazza come tante che nel cuore racchiude un impronunciabile segreto: da adolescente incrocia nei corridoi della scuola, lo sguardo di uno sconosciuto che le penetra l’anima. Un ragazzo misterioso che indossa un cappuccio, di cui intravede solo i lunghi capelli neri e gli occhi così intensi da impedirle di dimenticarli.
Da quel momento non lo vedrà più ma sarà disegnando il suo volto che tenterà di tenere quel ricordo ancora in vita nel suo cuore.
Quando tutto ormai sembra parte del passato e della memoria, l’incontro con Emily, una ragazza che ama scrivere, sconvolgerà la vita di Helena, conducendola ad un bivio che la farà tremare: credere o non credere che la scrittura può donare la vita e riportare colui o colei che amiamo?
Ogni notte vengo da te è la storia di Alastair ed Helena, la storia di due mondi lontani che s’incontrano, di una maledizione che non ha fine finchè qualcuno non la spezzerà, sacrificando tutto in nome di un amore che esige sangue e morte in cambio dell’eternità.
Ma è anche la storia di un sogno, un sogno così grande da mettere i brividi, un sogno che questa storia può donare a chi sceglie di appartenergli, per una notte o per sempre.

Non smettere mai di chiamarmi. Oltre questo silenzio,
io tornerò sempre da te.

Ciao a tutti lettori. Nel momento in cui questo post compare magicamente sugli schermi, io sarò intenta a sostenere l'esame di Storia Romana, sperando con buoni risultati.

Oggi vi recensisco un libro mandatomi in anteprima dall'autrice, Antonietta del blog L'amica dei libri, che ringrazio moltissimo per la fiducia accordatami.
Quindi, eccovi il mio parere.

"Sono un giro muto, un cammino sperduto, se mi seguirai cadrai, è questo che vuoi? Bimba dai capelli così lunghi e scuri, la mia attesa è fatta di sbarre di metallo e cera, ciò che tu sciogli non basta, il tuo fuoco non arde abbastanza. Voglio di più e ancora. Hai paura? Scappa, perchè non ti riporterò indietro. Conserva il tuo cappuccio rosso, il lupo non è morto."

Mi aspettavo qualcosa di oscuro e conturbante quando ho iniziato, trepidante, il libro di Antonietta. Ed è proprio quello che ho avuto.
Con il suo stile, a metà fra la fiaba e la maledizione, l'autrice ci imbastisce una storia di orrore e amore, perdizione e salvezza. Di volta in volta ci troviamo risucchiati in atmosfere spettrali e inquietanti, illuminati solo da un flebile raggio lunare; veniamo a sapere di maledizioni e spiriti inquieti che non vogliono saperne di quietarsi per sempre. I misteri si srotolano inesorabili con lo scorrere delle pagine e il lettore, ammaliato, rincorre i protagonisti sulla via oscura che si ritrovano a percorrere. 

"Sin da piccola ero attratta dalle epoche medievali e da quelle romantiche, odiavo la modernità perchè la consideravo fredda e priva della possibilità di sognare. "

Helena e Alastair sono legati, sebbene agli inizi non sia chiaro nè a lei nè al lettore quale sia il vincolo che avvince una ragazza dei giorni nostri e un uomo vissuto secoli fa, la cui storia è un mistero dimenticato che solo l'amore e la scrittura possono riportare alla luce.
A capitoli alternati, Helena ci racconta una storia di solitudine e della sua ossessione per un ragazzo che ai tempi della scuola l'ha fulminata con un unico sguardo oscuro. Un'impressione talmente forte che lei ha continuato a cercarlo e a ricrearlo nel disegno, delineando con la matita un volto che cresceva con lei e che lasciava infine l'adolescenza per diventare uomo. Un volto che occupa ogni suo pensiero, che è il fulcro di ogni sua inquietudine.
A modo suo, anche Alastair la sta cercando. Di lui sappiamo poco, quel poco che sa lui stesso: il suo nome, suo padre ucciso, il re che lo perseguita, la ricerca senza fine di una madre di cui non conserva quasi alcun ricordo. Che sia lei a custodire il segreto di un passato che sembra celare molte, troppe insidie? Nel suo viaggio per cercare lei - e sè stesso - ricorderà cose che sarebbe stato meglio rimanessero sepolte nella memoria, nella colpa e nel dolore.
Ma, soprattutto, incontrerà Lei.

"Padrona di ogni mia notte e di tutti i miei sogni, era la dama incontrastata di ogni mio incubo..
(...)
La mia signora, la mia distruttrice, con il suo sguardo di pietra, prometteva condanna e derideva qualsiasi salvezza."

Oltre ai due protagonisti, importantissime sono altre due figure, altrettanto legate a questa vicenda dei diretti protagonisti. Sono Emily, che entra all'improvviso nella vita di Helena e vi porta la chiave per svelare il mistero che l'ossessiona da sempre, e Daniel, una figura misteriosa che esercita su Helena un fascino inspiegabile e che assomiglia terribilmente allo stesso Alastair...
Il punto forte di questo libro è, a mio parere, la storia. È una storia di passione e maledizione, oscura e conturbante; le sue atmosfere sono da favola gotica, quasi spettrali in alcuni punti chiave, e tutta la narrazione è permeata dal senso di mistero e desiderio di sciogliere finalmente ogni segreto.

"I suoi tormenti fatti di tuono e vento sarebbero diventati aria e non tempesta, perchè la tempesta trascina, l'aria accarezza. Il fuoco che bruciava nelle sue membra, fatto di rabbia e di vendetta, sarebbe diventato come la terra, perchè il fuoco consuma ma la terra conserva. Essere terra per lei e permettere ai suoi piedi di camminare, tanto a lungo da affondarci. Terra in cui nascondersi senza chiedere perchè. Voleva diventare il suo punto fermo in mezzo all'universo e trovare un luogo, un nome, una voce che la riportasse indietro."

Purtroppo, nella lettura sono incappata in qualche difficoltà che ha un po' limitato il mio gradimento generale.
Il mio maggior punto interrogativo è lo stile. La scrittura di Antonietta è ricca ed elegante, ma tende a rallentare la narrazione, in particolar modo agli inizi. Con il procedere della storia, poi, il senso di estraniamento diminuisce e lo stile contribuisce a ricreare l'atmosfera suggestiva e quasi favolistica di cui vi ho già parlato. Certo, non è uno stile per tutti, me ne rendo conto.
L'altro mio dubbio è relativo all'ambientazione. Non so se sia stato fatto apposta o meno, ma manca un qualunque tipo di riferimento geografico. Solo dai nomi anglofoni, intuiamo che potremmo trovarci in Inghilterra o in America, ma non viene mai confermato nè smentito. Alla lunga questo mi ha creato un po' di confusione, avrei voluto avere qualche coordinata in più e, in generale, una ricostruzione degli ambienti un po' più precisa. Antonietta, a mio parere, si è concentrata molto sull'atmosfera, che sicuramente le è venuta bene, ma ha trascurato quest'altro aspetto.
Dei personaggi, mi sono ritrovata molto in Helena ed Emily. Mi ha colpita molto il legame che è venuto a crearsi fra di loro, due ragazze sole e in cerca di qualcosa, entrambe con un animo artistico (Helena disegna ed Emily scrive). Nel momento in cui si incontrano, è come se la solitudine che da sempre le gela iniziasse un po' a sciogliersi: entrambe cercano la stessa cosa e incontrandosi trovano un legame che si salda grazie all'obiettivo comune.
Emily è, d'altro canto, anche un personaggio ambiguo, cosa che sicuramente ha contribuito a farmela apprezzare ancora di più.

"Tentavo invano di farla ragionare ma ormai non mi ascoltava più, anzi forse non mi aveva mai ascoltato davvero in tutto quel tempo, da quando ci eravamo conosciute. Aveva sempre pensato ad un'unica cosa: scrivere quella storia e io le servivo come punto d'incontro tra la sua fantasia e la realtà. "

Ho amato Emily perchè incarna in sè l'archetipo dello Scrittore, che è solo una mano al servizio dei suoi personaggi. Intrigante il concetto che la sua stessa essenza li nutra e che loro inizino a loro volta a consumare chi crea.
In conclusione, il libro mi è piaciuto e lo consiglio. Si tratta di una prima pubblicazione e in quanto tale è senz'altro da apprezzare. Si, ha ancora qualche aspetto immaturo ma credo che il potenziale sia buono, quindi Antonietta continua così;)
E io vi saluto, cari lettori. Fatemi sapere se il libro vi incuriosisce e se intendete leggerlo:)

Virginia