sabato 24 dicembre 2016

Buone feste!



Salve a tutti lettori! Questo mio sarà un post veloce di spiegazioni e di saluti.
Spiegazioni perchè, in questi ultimi giorni, sono stata del tutto - o quasi - assente dalla blogosfera. Il fatto è che mi sono ammalata e solo ultimamente mi sono ripresa abbastanza da mettermi davanti a un computer a fare discorsi di senso compiuto. Quindi scusate tutti, con il 2017 ripartirò a pieno regime.
Veniamo quindi alla parte dei saluti. Com'è successo per settembre, anche a natale Virginia e il Labirinto chiude i battenti, ma solo fino a gennaio! Il primissimo appuntamento è il 3, per la presentazione di un nuovo progetto a cui partecipo e a cui. ancora una volta, siete tutti invitati. Ritornerò però in maniera definitiva solo dopo la Befana, con un Chiacchiericcio di dimensioni (stimate) epiche per un resoconto personale e letterario del 2016. 
Nel frattempo non mi resta che augurare un meraviglioso Natale a tutti e un anno nuovo da far impallidire quello appena trascorso:)
Alla prossima, carissimi!

Virginia

venerdì 16 dicembre 2016

Recensione: La guardia, il poeta e l'investigatore di Jung-myung Lee

Titolo: La guardia, il poeta e l'investigatore
Autore: Jung-myung Lee
Traduttore: Benedetta Merlini
Casa editrice: Sellerio
Numero di pagine: 379
Formato: Cartaceo

Nel 1944 la Corea è sotto l’occupazione giapponese, e nella prigione di Fukuoka non si permette ai detenuti coreani di usare la propria lingua. Un uomo, una guardia carceraria, viene trovato brutalmente assassinato, e un giovane collega dall’animo sensibile e letterario viene incaricato di condurre l’indagine e trovare il colpevole. La vittima era temuta e odiata per la sua brutalità, ma quando l’improvvisato investigatore avvia la sua inchiesta interrogando custodi e detenuti, ricostruendo poco a poco i movimenti degli ultimi mesi, un diverso e sorprendente scenario si impone alla sua attenzione. Dall’inchiesta sull’uomo emerge il passato di un povero analfabeta orfano dei genitori, il faticoso riscatto attraverso il lavoro, la carriera nella prigione, la scoperta di una passione inaspettata, il ruolo di «censore» con l’incarico di controllare la corrispondenza in entrata e in uscita dal carcere. E soprattutto il legame con un detenuto particolare, un famoso poeta coreano, autore di scritti sovversivi. E proprio attorno al poeta ruota l’intera vicenda: nel corso dei suoi interrogatori il giovane si trova a parlare sempre di più con il prigioniero e, come prima di lui la guardia assassinata, a immergersi in un dialogo fatto di letteratura, d’arte, di libertà. Si scopre a desiderare la bellezza dei suoi versi clandestini, a subire il potere eccitante e al tempo stesso rasserenante della parola poetica.
Calibrando suspense e ricostruzione storica, dolore e dolcezza, il romanzo dipinge un universo di contrasti: le condizioni dei detenuti obbligati ad abolire il proprio nome, la costante violenza fisica e psicologica alla quale sono sottomessi, il raggio di luce dei poemi del poeta realmente esistito Yun Dong-ju le cui parole diventano merce di contrabbando, balsamo di speranza, sfida provocatoria e coraggiosa alla crudeltà degli esseri umani. 


Questo libro, per quanto mi riguarda, ha una storia strana. Ero in biblioteca a curiosare fra le novità quando una signora, indicandomi questo volume, mi dice con convinzione che è bellissimo. Non so voi, però mi è sembrato - ancora di più col senno di poi - un caso del destino. Ho seguito l'istinto e me lo sono portata a casa, senza immaginare di trovarmi tra le mani una delle mie letture più belle del 2016. E recensirlo sarà anche difficile, perchè qui mi piacerebbe poter condividere con voi tantissime citazioni, ma essendo questo un volume della biblioteca (nonchè cartaceo - non sottolineo i cartacei) devo accontentarmi di andare un po' a memoria, sperando di riuscire a recuperare qualcuno dei tanti pezzi che mi hanno colpita.

"Se le parole potevano spiegare la vita, perchè non potevano far luce sulla morte?"

L'incipit del romanzo è quello classico del giallo: c'è un morto inspiegabile e un uomo incaricato di scoprire l'assassino. Ma accanto alla tradizione abbiamo fin da subito rilevanti punti di discordanza con la stessa. Innanzitutto, siamo nel 1944, in Giappone, nel pieno della Seconda Guerra mondiale; in secondo luogo, ci troviamo nella prigione militare di Fukuoka e il morto era un delle guardie giapponesi, così come il giovane - perchè Watanabe è molto giovane - incaricato dal direttore del carcere di scoprire l'assassino. In particolare, Sugiyama - la guardia assassinata - e Watanabe sono assegnati al terzo blocco, uno dei peggiori: quello riservato a coreani antigiapponesi, terroristi, rivoltosi, comunisti, rivoluzionari. Watanabe, prima di essere chiamato a fare il proprio dovere per la patria, era uno studente, e non solo: era un appassionato di letteratura: poesie e romanzi, rinchiuso nel negozio di libri usati della madre, avevano rappresentato non soltanto uno scudo contro le brutture del mondo, ma una vera e propria ragione di vita.
All'opposto abbiamo Sugiyama, temprato dalla guerra, indurito da anni di violenza e di brutalità, semi analfabeta, rigidamente leale alla gerarchia e agli ordini, censore della prigione.
A legare questi due personaggi, a percorrere tutto il romanzo e a rappresentare l'anima di questa storia sono proprio le parole. Le parole dei poeti vivi e morti, le parole della verità che sempre sono poesie, le parole che racchiudono la nostra capacità di speranza. E le parole scritte, anche e soprattutto. Quelle di cui si nutre Watanabe, quelle che cancella Sugiyama nel suo studio con energici segnacci rossi, come ferite sul candore del foglio. Le parole, che sono tutto ciò che è nel cuore di Yun Dong-ju, perchè esse sono il mezzo con cui viene alla luce.
Vi ho parlato della guardia, vi ho parlato dell'investigatore. Ora lasciate che vi parli del poeta, e per mezzo delle sue stesse parole:

"Autoritratto

Solo, costeggio i piedi della montagna
verso il pozzo isolato accanto alla risaia e vi guardo dentro.

Nel pozzo la luna lucente, le nuvole ammassate,
il cielo vasto e blu e il sibilo del vento ed è autunno.

E c'è un uomo.
Mi allontano, odiandolo per una ragione che non  conosco.

Ripensandoci, ho compassione per lui.
Torno indietro e guardo dentro. È sempre lì.

E di nuovo vado via, odiandolo.
Ripensandoci, ne sento la mancanza.

Nel pozzo la luna lucente, le nuvole ammassate,
il cielo vasto e blu e il sibilo del vento ed è autunno
e c'è un uomo, come un ricordo."

Yun Dong-ju, il cui nome giapponese è Hiranuma Dozu. Costretto ad abbandonare il suo nome e la sua lingua, privato della libertà, picchiato, mortificato, quasi ammutolito. Ma le parole, sempre, sono più forti, e diventano il mezzo per costruire un dialogo fatto di poesia con Sugiyama prima e con Watanabe poi.
La figura più importante di questo romanzo è proprio quella del poeta: Dung-ju, autore realmente esistito, diventa talvolta la personificazione del Poeta, colui che compone versi e nutre il resto dell'umanità con il suo talento. 
Se centrale è il Poeta, altrettanto - se non di più - lo è la poesia. Uno dei punti di scontro più feroce con Sugiyama è proprio il ruolo della poesia, argomento ancora attualissimo, anche perchè possiamo tranquillamente estenderlo all'arte in generale. In un mondo che cade a pezzi, dove le persone muoiono e soffrono, dove la guerra infuria e sembra che esistano solo la crudeltà e la violenza, che posto può esserci per l'arte? L'arte non può spiegare i fenomeni e, parzialmente, riprodurli, come fa la scienza; l'arte non è pratica, non ti porta il pane in tavola, non guarisce le malattie. A cosa serve, allora?
La risposta la troveremo nella lettura ed è la più semplice e fondamentale che ci sia: l'arte è consolazione dalle sofferenze, è la speranza di un mondo migliore, è ciò che ci porta a stringere i denti e superare le difficoltà. Questo scoprirà Sugiyama, nel suo sofferto confronto con Dong-ju. Questo, e il potere delle parole.

" <<"Quella che noi chiamiamo rosa, anche con un altro nome avrebbe il suo soave profumo". Cos'è un nome? Ciò che importa è la tua essenza. Che tu sia Hiranuma o Yun Dong-ju sei un coreano sfacciato e ostinato>>
<<Un nome è il simbolo del proprio essere>> ribattè Hiranuma con un filo di voce. <<Non rappresenta solo un viso e un corpo, ma anche i sogni, i ricordi, il passato, il presente e il futuro di una persona. Proprio come una parola èuò contenere in sè diversi sentimenti o una frase può avere vari significati>>
(...)
Quindi una rosa chiamata con un altro nome avrebbe continuato a mantenere inalterato il suo profumo, ma non chiamandosi più così non sarebbe più stata una rosa. Anche la rosa più profumata con il passare del tempo perdeva il suo profumo e appassiva, ma il nome "rosa" avrebbe continuato a evocarne la bellezza e la fragranza".

Il tema dell'identità è importantissimo in questo romanzo. Uno dei fulcri della narrazione è lo scontro culturale tra coreani e giapponesi e il modo in cui questi ultimi impongano ai coreani di abbandonare la loro patria, i loro nomi, la loro lingua addirittura. Dong-ju combatte per rimanere sè stesso, perchè ciò che dice è profondamente vero, e ha dato da pensare a Sugiyama quanto a me. Il nostro, nome, la nostra provenienza, la nostra lingua. È vero, nessuno di essi ci identifica completamente, perchè definire una persona solo in base al suo Paese di provenienza è riduttivo a dir poco. Allo stesso tempo, ci plasma. Il nome che ci hanno dato i nostri genitori, la lingua che ci scorre nelle vene: tutto ciò cresce con noi, si evolve con noi e, per quanto lontano possiamo andare, sarà sempre una parte di noi, un piccolo nucleo di identità che contribuisce alla nostra personalità.
Oltre al tema dell'identità e del ruolo del poeta e della poesia, questo libro ci porta a contemplare con muto orrore ciò che avveniva in una prigione militare: i maltrattamenti, le angherie, le torture. Fukuoka è l'inferno e si è liberi solo nella morte. Neanche in essa, perchè se nessuno reclama la salma, essa viene sepolta nel cimitero della prigione. E a queste atrocità si affiancano quelle di una guerra insensata, l'ultima di una lunga catena.
I personaggi mossi dallo scrittore sono pochi ma dipinti magistralmente. Talvolta ho avuto l'impressione di trovarmi davanti a una favola, delicata nonostante le brutture che Lee, con uno stile chiaro e lieve, ci mostra. Ma ciò che lo scrittore ha in serbo per il lettore è una verità terribile, che non lascia scampo a nessuno, personaggio o lettore.

"È stato terribile

È stato terribile vedere quell'innocente vitellino dimenarsi,
mentre veniva trascinato nel mattatoio.

Cercare di leccare le gocce d'acqua
cadute sulle mura del piccolo e solitario villaggio.

Oh Dio! Quel vitellino era così amorevole e buono mentre
passava per la strada vicino all'albero di camelia.

Oh Dio! Tu, che sei così buono, per favore dicci che saremo tutti perdonati.

E che un giorno quando arriveremo nel Paradiso dorato,
non uccideremo più quel piccolo e grazioso vitello.
E che, invece, diventati più buoni,
gli orneremo le corna con i fiori.

Oh Dio! Per favore, fa che il vitello non soffra troppo,
quando riceverà una coltellata in testa."

Ho amato tantissimo questo libro. Il finale è stato un colpo molto duro da digerire e mi ha lasciato una grande amarezza. Credo che sia uno di quei libri che si devono leggere e che un giorno, forse, diventeranno classici della letteratura. Ma non sono un critico letterario, sono solo una ragazza che, quando legge libri simili, si ricorda perchè la lettura è un'altra forma del suo essere. Perchè le parole mi scorrono dentro, come per Watanabe e Sugiyama, e se non esistessero i Dong-ju a dare loro voce non varrebbe la pena vivere.



Virginia


mercoledì 14 dicembre 2016

W... W... W... Wednesday#20

Immagine trovata su Google e NON creata da me



Buon mercoledì a tutti, amici lettori! Ancora una volta vi accolgo nel mio angolino per parlarvi delle mie letture settimanali e spero che anche voi vogliate condividere con me le vostre, perchè sono davvero curiosa:) Innanzitutto, però, ricordo che questa rubrica non è stata inventata da me ma dal blog Should Be Reading e che consiste nel rispondere a queste domande:

What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)

What did you recently finish reading? (Quale libro appena finito di leggere?)

What do you think you'll read next? (Qual è il prossimo libro che pensi di leggere?)

Eccovi le mie risposte:)

WHAT ARE YOU CURRENTLY READING?


Nel 1944 la Corea è sotto l’occupazione giapponese, e nella prigione di Fukuoka non si permette ai detenuti coreani di usare la propria lingua. Un uomo, una guardia carceraria, viene trovato brutalmente assassinato, e un giovane collega dall’animo sensibile e letterario viene incaricato di condurre l’indagine e trovare il colpevole. La vittima era temuta e odiata per la sua brutalità, ma quando l’improvvisato investigatore avvia la sua inchiesta interrogando custodi e detenuti, ricostruendo poco a poco i movimenti degli ultimi mesi, un diverso e sorprendente scenario si impone alla sua attenzione. Dall’inchiesta sull’uomo emerge il passato di un povero analfabeta orfano dei genitori, il faticoso riscatto attraverso il lavoro, la carriera nella prigione, la scoperta di una passione inaspettata, il ruolo di «censore» con l’incarico di controllare la corrispondenza in entrata e in uscita dal carcere. E soprattutto il legame con un detenuto particolare, un famoso poeta coreano, autore di scritti sovversivi. E proprio attorno al poeta ruota l’intera vicenda: nel corso dei suoi interrogatori il giovane si trova a parlare sempre di più con il prigioniero e, come prima di lui la guardia assassinata, a immergersi in un dialogo fatto di letteratura, d’arte, di libertà. Si scopre a desiderare la bellezza dei suoi versi clandestini, a subire il potere eccitante e al tempo stesso rasserenante della parola poetica.
Calibrando suspense e ricostruzione storica, dolore e dolcezza, il romanzo dipinge un universo di contrasti: le condizioni dei detenuti obbligati ad abolire il proprio nome, la costante violenza fisica e psicologica alla quale sono sottomessi, il raggio di luce dei poemi del poeta realmente esistito Yun Dong-ju le cui parole diventano merce di contrabbando, balsamo di speranza, sfida provocatoria e coraggiosa alla crudeltà degli esseri umani. 

Mi mancano solo un centinaio di pagine per terminare questa lettura e non vedo l'ora di parlarvene, perchè mi sta piacendo moltissimo. I temi trattati, la scrittura, il modo in cui mi è arrivato fra le mani... Ogni cosa concorre per rendere questo libro speciale, almeno per me. Ma ve ne parlerò meglio in un articolo apposito.

WHAT DID YOU RECENTLY FINISH READING?


Il romantico ed enigmatico Jay Gatsby organizza feste sontuose nella speranza di avvicinare la donna amata in gioventú, Daisy, che ha sposato un uomo ricco e rozzo. Ne diventerà l'amante, ma un incidente automobilistico darà una tragica svolta al loro amore. Una descrizione spietata e partecipe del mondo fastoso e frivolo degli anni Venti nelle pagine indimenticabili dello scrittore simbolo della «generazione perduta».

Ho recentemente terminato Il grande Gatsby di Fitzgerald, un classico che da troppo tempo volevo leggere e che sono finalmente riuscita ad approcciare grazie al gruppo di lettura della biblioteca Sala Borsa di Bologna. Qui la mia recensione.

WHAT DO YOU THINK YOU'LL READ NEXT?


Avvolto nel suo lungo mantello, con un baule da viaggio e un curioso pappagallo, il giovane studente Laurentius Hylas approda in Estonia un freddo giorno di fine Seicento. In fuga da un oscuro passato e sospettato di eresia, è diretto a Tartu, la «città delle muse», piccolo centro ai margini dell’allora regno di Svezia, ma sede di una vivace università, dove circolano già le idee rivoluzionarie di Newton e Cartesio, si inaugurano i primi teatri anatomici e si segue la nuova moda dell’opera sulla scia di Molière. In quel fermento scientifico e filosofico che porterà al secolo dei lumi, Laurentius cerca ossessivamente una cura per il male che lo tormenta e che i suoi contemporanei chiamano malinconia. Ma più si addentra nelle domande cui non sa dare risposta – Da dove viene l’anima? Che rapporto ha con il corpo? – più è attratto dal mondo di istinto, superstizione e magia dei contadini nelle campagne. Un mondo che ha già conosciuto da bambino, quando è stato coinvolto nella caccia alle streghe, e ora ritorna a perseguitarlo in sogni e visioni che cominciano a confondersi fatalmente con la realtà. Attraverso il vivido affresco storico di un inedito angolo d’Europa e la vicenda di un intellettuale che sembra dare corpo alle contraddizioni del suo tempo, Friedenthal si cala nelle viscere del secolo di Shakespeare per raccontare il travaglio della modernità e l’avvento di una nuova epoca della ragione, quando la medicina si fa strada tra umori, paure e l’antica fede nell’alchimia, e il buio Nord sogna la radiosa antichità, i simposi in giardini mediterranei avvolti dal dolce ronzio delle api, l’armonia di un mondo che può forse guarire una nostalgia di luce, di oro, di miele.

Dopo la mia avventura con Bjorn Larrson sono proprio curiosa di leggere un nuovo romanzo edito Iperborea. Questo l'ho trovato in biblioteca e la trama mi ispirava, quindi conto di leggerlo appena conclusa la mia lettura in corso.

Con questo è tutto:) Scrivetemi nei commenti le vostre risposte o, in caso, linkatemi i vostri blog, che passerò volentieri a dare un'occhiata!

Virginia



martedì 13 dicembre 2016

Recensione: Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald

Titolo: Il grande Gatsby
Autore: Francis Scott Fitzgerald
Traduttore: Bruno Armando
Casa editrice: Newton Compton
Numero di pagine: 192
Formato: Cartaceo


• Al di qua del Paradiso
• Belli e dannati
• Il grande Gatsby
• Tenera è la notte
• Racconti dell’età del jazz

Introduzione di Walter Mauro
Premesse di Massimo Bacigalupo, Giancarlo Buzzi e Walter Mauro
Edizioni integrali

Nessuno come Scott Fitzgerald è riuscito a rendere l’atmosfera, i personaggi e lo stile di vita di quella particolare epoca della storia americana nota come “l’età del jazz” e a raccontare le vicende dei suoi giovani protagonisti. È la generazione degli “anni ruggenti”, vissuta con e tra due guerre, viziati rampolli di famiglie ricche persuasi che ormai tutti gli dèi siano caduti, che ogni morale e codice comportamentale siano ipocriti e desueti. Vogliono trovare altri valori, nuovi modelli. Ma è una ricerca disordinata, che spesso si perde nel caos della «giostra dell’illusorio», nell’autolesionismo dell’alcool e della droga, nella follia. Alla fine della loro corsa sfrenata troveranno amarissime delusioni, così come l’America del benessere e dell’euforico inseguimento del “sogno americano” precipiterà nell’abisso della grande crisi del 1929. Allora niente più lustrini e stravaganze, amori folli, atteggiamenti provocatori e disinibiti, solo la ricerca di un po’ di sicurezza nella bufera. La meravigliosa villa bianca di Gatsby, dove tutto è perfetto, dove è perfino possibile trovare e ritrovare l’amore vero (la felicità?), è solo una facciata. È un inganno? Può darsi che lo sia, come sono un inganno le favole. O forse sono bellissimi sogni, in cui si dimenticano dolori, miserie, solitudini, malattie, volgarità. Tutto è sospeso, fino al risveglio. 


Il grande Gatsby è uno dei classici più amati di tutti i tempi. Oggetto di numerose rappresentazioni cinematografiche e culto di molti lettori, io mi ci sono avvicinata quasi di nascosto, e per vie traverse.
Quando ho letto il meraviglioso Leggere Lolita a Teheran (qui la recensione), mi sono sentita come se avessi già letto il romanzo di Fitzgerald. I temi e la trama erano trattati approfonditamente e questo da un lato mi ha ulteriormente avvicinata al romanzo, dall'altro mi ha un po' costretta dentro considerazioni non mie nel momento in cui l'ho effettivamente letto.
Mi spiego.
Quella della Nafisi è un'analisi molto profonda ed accurata del romanzo. Nel momento in cui mi sono ritrovata a leggerlo io, non posso negare che questa mia precedente familiarità con le tematiche mi abbia un po' influenzata, impedendomi di farmene un'idea del tutto personale. Ma questi sono dettagli, in fondo.

"Un vuoto improvviso sembrava emanare dalle finestre e dalle grandi porte, avvolgendo in un isolamento totale la figura del padrone di casa, che se ne stava sotto il portico, con le mani alzate in un formale gesto d'addio."

Sebbene questa non sia la primissima immagine che abbiamo di Jay Gatsby, credo che sia comunque quella che lo descrive al meglio. Alla fine di una delle sue magnifiche, favolose feste, quando tutti gli invitati se ne vanno incerti sulle gambe e sazi, momentaneamente, di divertimenti e frivolezze; lui che li saluta, un po' teatrale, ma sempre solo e sempre lontano da tutti, come la luna fra le stelle: circondata ma sempre a sè stante, diversa e accentratrice.
Di generazione in generazione i lettori, come Carraway - il narratore - prima di loro, sono stati catturati e ammaliati da questa figura e con lui partecipano della grandezza e della rovinosa caduta.
Nella migliore delle tradizioni letterarie, Il grande Gatsby ci offre diversi spunti di lettura. Da una parte abbiamo l'epopea di un uomo che rimane un sognatore nello squallore della realtà, dall'altra abbiamo il ritratto di una società frivola e sfrenata, spietata e sempre un po' annoiata, che sembra fagocitare tutto ciò che ha attorno e poi dimenticarsene, una volta svanito il sapore.

"Era gente sbadata, Tom e Daisy - rompevano cose e persone e poi si ritiravano nei loro soldi e nella loro enorme noncuranza o qualunque cosa fosse che li teneva insieme, e lasciavano che fossero gli altri a pulire lo sporco che lasciavano..."

Come potrebbe un uomo indifeso come Gatsby riuscire ad eguagliare una simile indifferenza? Nonostante tutti i suoi tentativi di integrarsi in questo mondo dorato di lupi rimane un agnellino.
Eppure il lettore lo ama per questo, perchè vede Gatsby e la sua falsa e indifferenza ma sotto vede anche il provincialotto che ha lottato contro il proprio destino pur di elevarsi e di essere qualcosa di più.
Quello di Fitzgerald, però, non è un libro per chi ami il lieto fine. Solo lo troviamo agli inizi del romanzo e solo è alla fine, nonostante tutti i suoi soldi e la sua popolarità. Un'amara critica contro la falsità e l'ipocrisia e, di nuovo, sulla voracità di una società che sa solo prendere senza dare, e sfruttare gli altri per poi, quando non sono più utili, abbandonarli a sè stessi.

"Allora non erano solo le stelle a cui ambiva in quella notte di giugno."

L'amore per Daisy diventa il simbolo del suo desiderio impossibile di lasciarsi il passato alle spalle e diventare un uomo nuovo. Daisy incarna ciò cui più ambisce: un nuovo nome, una nuova posizione. Lei è irraggiungibile e bella come le stelle, ma è altrettanto fredda e, tutto sommato, comune. L'infelice amore di Gatsby, il suo disperato tentativo di cambiare il proprio destino è ciò che lo rende eroico e che lo avvicina al lettore.
Gli altri protagonisti della vicenda, che di per sè è abbastanza squallida e si eleva spiritualmente solo per la presenza del grandissimo Gatsby, sono Nick Carraway, il nostro narratore, e la frivola Daisy. 

" << Sono contenta che sia una bambina. E spero che sia stupida - è la cosa migliore per una ragazza in questo mondo, essere una bella stupidina. >>"

Da sempre la società ci ingloba, maschi o femmine. Schiacciati dal peso delle aspettative, Fitzgerald ci delinea sempre perdenti, nel momento in cui cerchiamo di sfidare il dettame della consuetudine. Ne esce sconfitto Gatsby e ne esce sconfitta Daisy, che finisce per cedere e adeguarsi a quanto impostole. Ma quanta amarezza nasconde la sua frivolezza, quanta crudeltà la sua indifferenza?
Nick Carraway è il nostro narratore. Come accade anche in Cime tempestose, il fatto che la narrazione sia affidata a un personaggio coinvolto nella vicenda ma in realtà estraneo ai grandi sentimenti di essa protagonisti, rende "mitica" la storia, la eleva oltre la banalità del quotidiano e le dà un che di tragico e monumentale. 

 " (...) ecco l'inesauribile fascino altalenante, il suo tintinnio, il suono di cimbali... lassù, nel palazzo bianco la figlia del re, la ragazza d'oro..."

La patinata alta società dell'America del Novecento, con il suo senso di decadenza e di vacuità, è delineato da Fitzgerald quasi con ferocia. Ciò che Gatsby desidera come riscatto personale è in realtà un mondo di falsi ori che nasconde il metallo scadente sotto una verniciatura fresca. Eppure, se si guarda con attenzione, se ne intravedono già le crepe: nel matrimonio di Daisy e Tom, nella squallida Myrtle, nelle feste sfrenate ma vuote di Gatsby.
Il grande Gatsby non è un libro rassicurante ma quasi crudele nella spietatezza della sua critica. Vi lascio con le ultime righe, perchè credo che sintetizzino benissimo ciò che lo scrittore ci vuole dire:

"E mentre sedevo là a riflettere sul vecchio mondo sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde sul molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per arrivare a questo prato azzurro, e il suo sogno gli doveva essere sembrato così vicino da non potergli più sfuggire. Non sapeva che l'aveva già alle spalle, da qualche parte nella vasta oscurità oltre la città, dove i campi bui della repubblica si stendevano nella notte.
Gatsby credeva nella luce verde, al futuro orgiastico che anno dopo anno indietreggia di fronte a noi. Ci è sfuggito allora, ma non importa - domani correremo più forte, allungheremo ancora di più le braccia.. E una bella mattina...
Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato."

Virginia




venerdì 9 dicembre 2016

L'Angolo del Self#3: Riverside di Bianca Rita Cataldi

Titolo: Riverside
Autore: Bianca Rita Cataldi
Numero di pagine: 127
Formato: Digitale

Riverside, Regno Unito. Le quattro e mezzo di un pomeriggio qualunque. Una scuola abbandonata e cadente alla fine di Silverbell Street. Come la venticinquenne Amabel scoprirà presto, non si tratta di un edificio qualunque: al suo interno, i banchi sono ancora al loro posto e si respira, nell’aria, polvere di gesso. Tutti gli orologi, da quello al di sopra del portone d’ingresso sino al pendolo del salone, sono fermi alle nove e diciannove di chissà quale giorno di chissà quale anno. Cosa è accaduto nella vecchia scuola? Quale evento è stato così sconvolgente da fermare il tempo all’interno di quelle mura? E soprattutto, chi è quel ragazzo in divisa scolastica che si presenta agli occhi di Amabel affermando di frequentare la scuola, benché quest’ultima non sia più in funzione da anni? Tra passato e presente, Bianca Rita Cataldi ci guida in un mondo in cui gli eventi possono modificare lo scorrere del tempo, dimostrandoci che ognuno di noi ha un proprio universo parallelo col quale, un giorno o l’altro, dovrà scendere a patti.

Da quant'è che non pubblico qualcosa in questa rubrica? Tanto, troppo, La verità è che le imposizioni mi risultano strette, perfino quelle che decido di pormi io stessa, e "obbligarmi" a leggere un autore self è risultato praticamente impossibile, nonostante le mie buonissime intenzioni e la mia opinione su questo fenomeno in generale, che rimane tenacemente positiva, nonostante spesso mi ritrovi fra le mani romanzi indegni di essere definiti così e meritevoli solo del cestino. Certo, questo avviene anche con vari titoli di CE blasonate, ma con i self ho sempre un po' quel retrogusto di amarezza.
Ora, nonostante i discorsi fuorvianti, non è stato questo il caso. Riverside - letto un paio di settimane fa e vergognosamente escluso dai miei WWW settimanali per una mia dimenticanza - si è rivelato un romanzo gradevole, seppur carente, a mio parere, in alcuni aspetti.
L'idea di base è suggestiva e le prime pagine, una volta rotto il ghiaccio, sono intriganti a dir poco. Amabel, comunissima ragazza, scopre un giorno una via e una scuola a lei del tutto sconosciute nella cittadina in cui vive da sempre e che pensava di conoscere come le proprie tasche. L'incontro con uno strano ragazzo e una vecchia case di bambole faranno il resto: il risveglio di Amabel, il mattino dopo, è a dir poco traumatico e la ragazza si ritrova catapultata in una realtà molto diversa da quella che si è lasciata alle spalle.
Una mia amica e collega blogger (Autumn di L'ennesimo Book Blog) nella sua recensione ha detto che, nel corso della lettura, le pareva di guardare una vecchia foto color seppia. Ecco, non posso che essere d'accordo, perchè quest'impressione si adatta perfettamente a quanto provato da me mentre leggevo questo libro. L'atmosfera della Lucretius Grammar School, in particolare nel primo capitolo, ha il sapore dolceamaro della nostalgia e il fascino delle pagine ingiallite dal tempo di un libro antiquato e molto amato. Mi ricordo ancora benissimo la sensazione di tempo sospeso che avvolge questa scuola in rovina, con l'odore di gesso che gentilmente accoglie il lettore e l'atmosfera un po' inquietante e un po' onirica di muoversi in una bolla di tempo e spazio, in mezzo ai mondi.
Nonostante l'inizio strepitoso, andando avanti ho trovato vari aspetti che non mi hanno convinta, se non proprio infastidita.
La prima cosa è che non si capisce bene dove la storia voglia andare a parare, e questa è una sensazione davvero irritante. Amabel si ritrova in una situazione senza precedenti ma sembra adattarvisi quasi subito, fra l'altro accettando il suo nuovo ruolo con una prontezza e una naturalità da lasciarmi un po' dubbiosa.
Sarò banale, ma il mio più grande unto interrogativo è stato Damian. Questo ragazzino - perchè questo è - ha 16 anni e Amabel, oltre ad essere la sua insegnante, ha pure una decina d'anni più di lui, e tutti voi sapete quanta differenza possono fare 10 anni in determinati periodi. Ebbene, si intuisce ben presto che loro due saranno i protagonisti della storia d'amore della trilogia. Ora, questo è un motivo assolutamente personale, ma per me è risultato determinante. Non potevo crederci, non volevo crederci, e ho sperato fino all'ultimo che le cose prendessero una piega diversa, inaspettata. Purtroppo - almeno per quanto concerne il primo libro - le cose non sono cambiate, e a distanza di tempo continuo ad essere molto scettica (EUFEMISMO) riguardo a questa scelta narrativa. Però, lo ripeto, si tratta di una critica puramente personale.
In generale, quello che più mi è dispiaciuto è che il libro, a mio parere, avrebbe in sè un grande potenziale, che non viene sfruttato quasi per nulla, con l'eccezione di quel primo capitolo. Si tratta di un romanzo scorrevole e che si fa leggere, ma mi ha lasciata piuttosto indifferente e non sono certa che continuerò la lettura della trilogia.

Virginia 


mercoledì 7 dicembre 2016

W... W... W... Wednesday#19

Immagine trovata su Google e NON creata da me


Buon mercoledì carissimi lettori, ben ritrovati nel mio Labirinto dove, ancora una volta, passo a illustrarvi le mie letture della settimana. La rubrica, come ripeto ogni volta, non è opera mia ma del blog Should Be Reading e consiste nel rispondere a tre semplici domande:

What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)

What did you recently finish reading? (Quale libro hai appena finito di leggere?)

What do you think you'll read next? (Qual è il prossimo libro che pensi di leggere?)

Questo mese sarà per me piuttosto impegnativo, come letture e come studio, ma non ho perso la speranza di arrivare alla mia meta finale. Ve ne parlerò meglio nel Chiacchiericcio, però, perchè non è questo il momento. Per ora, eccovi le mie letture!

WHAT ARE YOU CURRENTLY READING?


Il romantico ed enigmatico Jay Gatsby organizza feste sontuose nella speranza di avvicinare la donna amata in gioventú, Daisy, che ha sposato un uomo ricco e rozzo. Ne diventerà l'amante, ma un incidente automobilistico darà una tragica svolta al loro amore. Una descrizione spietata e partecipe del mondo fastoso e frivolo degli anni Venti nelle pagine indimenticabili dello scrittore simbolo della «generazione perduta».

Al momento devo iniziare questo, per il gruppo di lettura Un libro in borsa organizzato da Sala Borsa, storica biblioteca di Bologna. Volevo partecipare da un po' ma questa è la mia prima esperienza, fra l'altro con un libro che da tempo sono curiosa di leggere. Purtroppo non ho l'edizione Einaudi qui riportata (che è BELLISSIMA*-*) ma una vecchia trafugata a mio zio. Nel caso il libro dovesse piacermi (come spero ardentemente) ho in mente di comprarne una mia.

WHAT DID YOU RECENTLY FINISH READING?


Lui odia le scemenze, è vegano e innamorato della natura. Lei odia le rane, ha paura degli animali e quando si mette in testa una cosa non c’è verso di farle cambiare idea. Victoria è una scrittrice di successo in crisi creativa. Il suo agente, per aiutarla a superare l’impasse, la spedisce da Chicago in una tranquilla fattoria nel Vermont, dove il silenzio è l’unica cosa che non manca. Nath è di una bellezza selvaggia, ma burbero e scostante fino alla maleducazione. Ha deciso di rinunciare a un lavoro prestigioso per dedicarsi alla vecchia fattoria del padre, anche se è sempre più schiacciato dai debiti. Perciò la sorella Susan gli propone di affittare una stanza a una ragazza di città con il blocco dello scrittore che, assicura, non gli darà alcun fastidio. E invece i guai, sotto forma di un viso pieno di lentiggini e inappropriati tacchi alti, stanno per arrivare…


Il mio nome è Derek, Derek Spark. E se non vi piace, non posso farci niente: è questo il nome che mi hanno dato. Sono un normalissimo studente, che si appresta ad affrontare il secondo anno del college. Non ho una ragazza, non sono un campione nello sport e non provengo da una famiglia benestante. Però ho tanti amici, beh, pochi ma buoni, tante passioni e hobby, che forse qualcuno definirebbe da nerd, e di sicuro sono un bravo ragazzo, più o meno. Vivo in una piccola cittadina di provincia, piuttosto tranquilla. Da noi la criminalità, strano a dirsi, è quasi assente. Abito con i miei genitori e sono figlio unico. Direi che la mia vita, tutto sommato, è piacevole, forse un po' monotona e ripetitiva, ma tutto questo era prima, prima di quella notte...


Libro primo: la saga Black Friars è composta da tre libri in formato ebook e cartaceo.
La Vecchia Capitale si prepara alla Vigilia di Ognissanti e il coprifuoco è vicino perché il Presidio sta per aprire le sue porte. Il lento salmodiare delle orde di penitenti che si riversano per le vie, in cerca di anime da punire, è il segnale per gli abitanti di affrettarsi nelle proprie case, ma per Eloise Weiss è già troppo tardi. Scambiata per una vampira, cade vittima dell’irrazionalità di una fede che brucia ogni cosa al suo passaggio. In fin di vita esala una richiesta d’aiuto che giunge alle soglie della tomba dove Ashton Blackmore, un redivivo secolare, riposa protetto dalle ombre della Cattedrale di Black Friars. Il richiamo della ragazza è un sussurro che si trasforma in ordine, irrompe nella sua mente e lo riporta alla vita. 
Nobili vampiri di vecchie casate, spiriti reclusi e guerrieri, eroici umani e passioni che il tempo non è riuscito a cancellare: Black Friars – L’ordine della Spada è un mondo nuovo che profuma di antico, un romanzo che si ammanta di gotico per condurre il lettore tra i vicoli della Vecchia Capitale o negli antri del Presidio, in un viaggio che continua oltre la carta e non finisce con l’ultima pagina.

Anche questa volta ho letto un bel po'. Non si è tratto di libri impegnativi, però, quindi non contaxD
Tutta la pioggia del cielo si è rivelato un libro carino, ma non mi ha colpita in modo particolare. 
La notte dei fuochi è il primo di una trilogia self. Io ho il libro unico ma per ora ho letto solo questo e ne sono rimasta discretamente soddisfatta. Si tratta di una trilogia un po' parodistica e in questo senso mi ha divertita molto. Peccato per qualche aspetto che, se approfondito o comunque lavorato in modo diverso, avrebbe potuto aumentare di un bel po' il mio gradimento della lettura. In ogni caso, conto di recensirlo verso gennaio.
Infine, L'ordine della spada. Vi prego, non odiatemi! Avrei dovuto leggere solo i primi tre capitoli ma non ci sono riuscitaxD Sto comunque seguendo con grandissimo interesse i progressi di lettura delle altre, nonostante il mio pessimo esempio:)

WHAT DO YOU THINK YOU'LL READ NEXT?

Devo ancora iniziare Il grande Gatsby, abbiate pietà di mexD

Con questo è tutto! Anche per questo mercoledì ho finito e vi do appuntamento al prossimo WWW, la settimana prossima, sperando di aver letto un altro bel po' di libri!

Virginia




lunedì 5 dicembre 2016

Recensioni in pillole: Benedizione di Kent Haruf e Lizzie di Shirley Jackson

Buon lunedì cari lettori, e buon inizio settimana! Oggi vi accolgo con alcune recensioni arretrate che, per mia comodità, ho dovuto accorpare e accorciare, in modo da farne uscire un unico post. Mettetevi comodi, quindi, e lasciate che vi delinei un po' il mio parere su queste letture.

Titolo: Benedizione
Autore: Kent Haruf
Traduttore: Fabio Cremonesi
Casa editrice: NN Editore
Numero di pagine: 280
Formato: Cartaceo
Nella cittadina di Holt, in Colorado, Dad Lewis affronta la sua ultima estate: la moglie Mary e la figlia Lorraine gli sono amorevolmente accanto, mentre gli amici si alternano nel dare omaggio a una figura rispettata della comunità.
Ma nel passato di Dad si nascondono fantasmi: il figlio Frank, che è fuggito di casa per mai più tornare, e il commesso del negozio di ferramenta, che aveva tradito la sua fiducia. Nella casa accanto, una ragazzina orfana viene a vivere dalla nonna, e in paese arriva il reverendo Lyle, che predica con passione la verità e la non violenza e porta con sé un segreto. Nella piccola e solida comunità abituata a espellere da sé tutto ciò che non è conforme, Dad non sarà l’unico a dover fare i conti con la vera natura del rimpianto, della vergogna, della dignità e dell’amore.
Kent Haruf affronta i temi delle relazioni umane e delle scelte morali estreme con delicatezza, senza mai alzare la voce, intrattenendo una conversazione intima con il lettore che ha il tocco della poesia.

Questo libro è per chi ama rileggere i classici e vorrebbe perdersi negli sconfinati spazi della pianura americana (o nelle fotografie di Robert Adams), per chi desidera un cappello da cowboy anche se forse non lo indosserà mai, per chi nutre una sorta di fiducia razionale nel genere umano e crede che le verità gridate siano sempre meno vere di quelle suggerite con pudore.
“Benedizione conferma che non c’è fine alle storie che Haruf può raccontarci né c’é fine al suo regalarci ogni volta uno linguaggio duraturo e bellissimo.” – Paul Elie, The New York Times Book Review
“Abbiamo atteso a lungo di essere nuovamente invitati a Holt, luogo dove si svolgono i romanzi
di Kent Haruf.” – Ron Charles, Washington Post
“Meraviglioso… il mondo di Kent Haruf è popolato da individui la cui vita ordinaria assume toni
di epicità e di verità universale.” – Niall Williams, Sunday Times
“È dai tempi di Hemingway che l’America non ha un autore in grado di innescare una simile empatia con il lettore. Uno dei nostri migliori autori viventi.” – Bruce Machart, The Houston Chronicle

Quest'estate Kent Haruf è stato il protagonista di una nuova moda letteraria, qui in Italia. Portato da noi dalla NN Editore, piccola ma valida casa editrice indipendente (e di cui voglio assolutamente leggere altro!), c'è stato un momento in cui, guardandomi attorno, non leggevo che recensioni sulla tanto amata Trilogia della pianura. A quel punto, inserire il primo libro nella lista dei regali di compleanno è stato un obbligo.
Haruf ci racconta una storia di triste quotidianità: Dad Lewis, stimato cittadino di Holt, ha da vivere poco più di un mese. Tempo che impiegherà nel ripercorrere la sua vita, nel congedarsi dai luoghi che ha amato, nel chiudere il cerchio di ciò che era rimasto aperto, nell'accettare ciò che gli è rimasto dentro, come un macigno, per tutta la vita. Accanto a lui c'è la compagna di una vita, Mary, la figlia Lorraine, gli amici e i vicini, tutti protagonisti della storia di Haruf, tutti ugualmente coinvolti in quel clima di malinconico rimpianto con cui si riguarda il passato e ci si rende conto del tempo passato, degli errori, delle possibilità perse.
Haruf ha una scrittura scarna ed essenziale. Al lettore il compito, nel corso della lettura, di tirare le somme e riempire i vuoti di una storia che, forse, non vuole essere altro che l'istantanea di un momento di un racconto lungo una vita. C'è un senso di malinconia e raccoglimento, nel momento in cui si chiude il libro; il desiderio di tornare a Holt e penetrare ulteriormente in un luogo che è tutti i luoghi, abitato da un'umanità che non viene mai idealizzata ma solo mostrata nei suoi pregi e difetti da una scrittura quieta e quasi pudica, che affonda oltre il velo dell'ipocrisia e dell'apparenza ma lo fa con la delicatezza del predicatore, che ascolta i peccati e poi, nonostante tutto il marcio che ha visto, benedice ugualmente la platea.
Haruf non rinuncia a un messaggio finale di speranza. Benedizione ci narra di una morte e del progressivo addio alla vita che aspetta tutti, nessuno escluso. Nonostante ciò, rigira le carte in tavola e ci mostra come la vita sia sempre più forte, più rumorosa e ingombrante della morte.

Titolo: Lizzie
Autore: Shirley Jackson
Traduttore: Laura Noulian
Casa editrice: Adelphi
Numero di pagine: 318
Formato: Cartaceo
Opera della maestra del thriller nero, venerata da Stephen King, Lizzie è il primo grande romanzo delle personalità multiple. La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e a­nonimi di una «vera gentildonna» della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare «la propria dipartita stando il meno male possibile». Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personali­­tà sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, «maschera crudele e deforme» che vorrebbe fagocita­re e distruggere – con il suo «sorriso laido e grossolano» e i suoi modi sadici, insolenti e volgari – le altre due.
È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.


Da tempo Shirley Jackson mi attirava e, dopo una recensione e un fortuito ritrovamento in biblioteca, ho deciso di iniziarmi a quest'autrice con un'opera minore. La trama mi intrigava molto e mi sono immersa nella lettura con tutte le migliori intenzioni di questo mondo. Purtroppo, nel momento in cui l'ho chiuso, ho dovuto fare i conti con una certa delusione. Lizzie è senz'altro un libro scorrevole, ma sicuramente non mi ha colpita come speravo facesse.
Non ho critiche o lodi  particolari da fare. A dire il vero, non mi ha ispirato emozioni particolari e mi ritrovo quasi un po' in imbarazzo, dal momento che non so bene cosa scrivere.
Nonostante tutte le domande scaturite all'inizio, la lettura non mi ha dato completa soddisfazione e la madre di Lizzie, personaggio chiave nel passato e nel trauma della ragazza, rimane un personaggio sfuggente e misterioso. Allo stesso modo, ogni personaggio sembra sfuggire a una facile identificazione e rimane sempre un po' ambiguo (con l'eccezione del dottore, probabilmente). Credo che non mi abbia fatto impazzire principalmente perchè datato: dopotutto abbiamo materiale medico in esame ed è impossibile non notare la differenza con i libri di oggi che trattino gli stessi argomenti.
In definitiva, un libro che non mi ha lasciato molto ma che, comunque, non mi impedirà di provare qualche altra opera di questa scrittrice, magari un po' più celebre e,  spero, migliore.

Virginia

sabato 3 dicembre 2016

Sul monte Olimpo, attraverso le divintà Book Tag



Salve a tutti, lettori e buon sabato! Recupero solo oggi un vecchissimo (ma interessantissimo!) Book Tag. Ringrazio per il Tag Autumn del blog L'ennesimo Book Blog, che vi consiglio caldamente di andare a visitare! La creatrice del Tag è però la blogger di Il Mondo Di Sopra:)
Comincio subito, perchè di punti ce ne sono parecchi e vorrei riuscire ad essere il più concisa possibile (non ci crede nessuno).

1. Chaos: il nulla da cui tutto proviene. La prima serie di cui ti sei innamorata.

Non c'è neanche da chiedermelo, pensoxD Qui sarò noiosa e poco originale (Autumn ha dato la stessa risposta ad esempio), ma c'è poco da fare: la passione per la lettura mi nasce con Harry Potter (con precisione dal terzo, il primo che ho letto - lunga storia) e non me ne vergogno assolutamente. Non so quante volte l'ho riletta, abbastanza da rovinare irrimediabilmente i primi libri, abbastanza da lasciarci un pezzo di me.


2. Gea: Madre dei Titani. Il libro che, nonostante gli anni, rileggi volentieri.

Parlando di un altro ricordo d'infanzia, non posso non pensare subito a Piccole donne, un libro piccolo ma denso di emozioni e insegnamenti. Qua si trovano l'amicizia, l'amore, la generosità, l'adolescenza che lotta per divenire giovinezza, la religione (e io sono atea). Un libro che scalda il cuore, insomma, e che a ogni rilettura ti dà l'idea di tornare a casa, quanto Hogwarts, sebbene in modo diverso.


3. Tartaro: Dio oscuro. Un libro o una serie che hai sopravvalutato.

Ecco, qui sono stata proprio scema-.-
La saga Malazan dei Caduti di Erikson è famosissima fra i fantasy. Considerata imperdibile per i veri amanti del genere, è tristemente nota per la sua discontinua vicenda editoriale (ora conclusasi con successo grazie all'Armenia) e per la sua intrinseca difficoltà. Non badando agli avvertimenti - che pure giungevano da ogni dove - mi sono comprata, presa dall'entusiasmo, cinque libri di pacca. CINQUE. In CARTACEO.
Tanto perchè capiate, è quasi un anno che sono ferma al secondo, con voglia zero di passare al terzo.

4. Zeus: Re e padre degli Dei. Il primo libro che ti ha fatto diventare una lettrice.

Ebbene, che vi avevo detto? Harry Potter ha davvero un posto speciale nel mio cuore e il terzo libro in particolare. Non è stato il primo libro che ho letto, ma è stato il primo libro che ho amato e che mi ha fatto desiderare di leggere ancora.
Mi è stato regalato da un mio zio per il mio ottavo compleanno e da lì è iniziata un'avventura lunga più di 10 anni che è arrivata fin qui e che, ne son sicura, proseguirà per sempre (almeno finchè ci sono:)).

5. Poseidone: Dio del mare. Un libro che parla di creature o ambientazioni acquatiche.

Vi ho parlato spesso di Juliet Marillier ma non sono mai scesa nel dettaglio. Ecco, colgo l'occasione per farlo, anche se brevemente, ora.
La serie di Sevenwaters è composta da sei titoli, tre dei quali tradotti (ma quasi impossibili da reperire) in italiano. Io ho avuto la fortuna di comprarli e leggerli in cartaceo. E di innamorarmene. Tanto che, anni dopo la lettura, ho deciso di proseguire in lingua. E ho fatto benissimo, perchè ho letto - fra gli altri - Seer of Sevenwaters, il mio preferito della serie insieme al primo. In questo caso ci troviamo davanti un libro un po' diverso dagli altri, una piccola epica ambientata su un'isola e sul mare, dove temibili mostri marini giocano un ruolo di primo piano. Un libro sull'impossibilità di domare le forze più primordiali della natura; un libro sull'insondabile mistero delle acque e delle creature che vi dimorano.

6. Estia: Dea della casa. Un libro che leggeresti a tua figlia o a tuo figlio.

Dopo la rilettura di quest'estate (qui la recensione) non potevo rispondere diversamente. Questo libro è meraviglioso, bellissimo e pieno di spunti di riflessione. Allo stesso tempo, è un'avventura bellissima e un tripudio di creatività e immaginazione. Credo che sia un libro perfetto per far approcciare un ragazzino alla lettura, anche perchè un ragazzino ne è il protagonista.


7. Ermes: Messaggero degli Dei. Un libro che ti ha fatto venire voglia di fare altro.

Questo è uno dei miei libri preferiti in assoluto, uno di quelli che mi ha rapito il cuore, per tutta una serie di motivazioni. 
Uno degli aspetti che più mi ha colpita è la grande cultura dei personaggi e, indirettamente, della scrittrice. Mentre leggevo questo romanzo mi è tornata improvvisamente la voglia di studiare, e non cose a caso: latino, greco, letteratura. Materie umanistiche, insomma! Mi è nato prepotente il desiderio di sentirmi all'altezza, culturalmente parlando, di quei personaggi e di quella scrittrice. Se poi ho portato avanti questo rinnovato interesse per lo studio... Non ve lo dicoxD

8. Era: Moglie di Zeus e Regina vendicativa. Un libro che ti ha segnato interiormente.

Ecco un altro libro molto importante per me, anche se letto in un momento differente e se mi ha colpita per diverse motivazioni.
Grotesque non è una bella storia, nessuna delle storie della Kirino lo è. Questo libro si nutre delle angosce e delle insicurezze dei suoi protagonisti, le esaspera, le schernisce, le porta all'estremo, fino a creare personaggi al limite del reale, personaggi grotteschi.
Ho amato questo libro, ma mi è rimasto dentro come un verme nella mela, infettando i miei pensieri e le mie emozioni per molto tempo dopo che lo avevo chiuso. Ognuno di noi si riconosce, almeno un po', in questi personaggi. Ognuno di noi ne ha sperimentato, almeno una volta, la gelida solitudine. 
Il libro si mangia, ma dopo lascia quel vago senso di malessere e di angoscia tipico dei libri che vanno oltre ciò che appare e rivoltano senza pietà quello che c'è dietro.

9. Efesto: Dio del fuoco. Un libro passionale.

Con la scusa del Book Tag vi sto piazzando tutti i miei libri preferitixD
Jane Eyre vi sorprenderà come scelta, ma credo che la passione sia qualcosa di molto più profondo che non una scena di sesso spinto. E in questo libro la trovate. 
Appassionato è l'amore di Jane per Rochester e quello di lui per lei; appassionati sono loro, presi singolarmente, brutti e strani, originali e un po' scostanti, ma che nascondono il tumulto delle vere emozioni, al contrario di certi manichini. Appassionati sono gli stati d'animo che ci suscita questo libro meraviglioso.

10. Ade: Dio dell'oltretomba. Un libro che non ti ha suscitato sentimenti.

Vi propongo una mia recente lettura! Nonostante le mie ottime intenzioni e i presupposti intriganti, questo libro non mi ha detto assolutamente nulla. Tanto da non saper che altro aggiungere, in effettixD







Con questo il tag è finito! Taggo Lakedamia Bocconcino del blog The Reading Pal, che ho idea si divertirà moltissimo a farlo:)
Un saluto

Virginia